I presupposti del provvedimento di D.A.SPO

Con la sentenza del 15 dicembre 2022, n. 10986, la terza sezione del Consiglio di Stato si è pronunciata sui presupposti e la natura del provvedimento di D.A.SPO. La misura, di competenza del Questore, è disciplinata dall’art. 6, c. 1, l. n. 401/1989 ed è preordinata alla prevenzione della violenza sportiva.

In conformità all’indirizzo giurisprudenziale prevalente, il Consiglio di Stato ha qualificato la fattispecie “come tipicamente appartenente al diritto amministrativo della prevenzione per l’inequivoca volontà del legislatore di anticipare la soglia della prevenzione alle situazioni di pericolo concreto, per le quali vale la logica del “più probabile che non”, non richiedendosi anche per questa misura amministrativa di prevenzione (…), la certezza ogni oltre ragionevole dubbio che le condotte siano ascrivibili ai soggetti destinatari del D.A.SPO., ma (…) una dimostrazione fondata su “elementi di fatto” gravi, precisi e concordanti, secondo un ragionamento causale di tipo probabilistico improntato ad una elevata attendibilità”.

Peraltro, con la modifica introdotta nella norma del 1986 con il d.l. n. 119/2014, convertito nella l. n. 146/2014, il legislatore ha inteso “arretrare la soglia della prevenzione anche ai comportamenti individuali che si inseriscano in azioni di gruppo”, sempre che “emerga, anche in via presuntiva, uno specifico contributo attivo del singolo, il quale può consistere sia in una partecipazione materiale agli episodi di violenza, minaccia o intimidazione che nel rafforzamento morale, al fine di infondersi reciproco coraggio o di rendere più difficoltosa l’identificazione degli autori di tali episodi accrescendo, in tal modo, le aspettative di impunità”.

Di conseguenza, nell’adozione del provvedimento di D.A.SPO., l’amministrazione dispone di un ampio margine di discrezionalità. Spetta a essa, infatti,valutare “in concreto [la] responsabilità del soggetto in forza di un equo bilanciamento tra il prevalente interesse pubblico alla tutela dell’ordine e della sicurezza dei cittadini e l’interesse privato ad accedere liberamente negli stadi”.

Nel caso di specie, in applicazione di questi principi, il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso presentato dall’appellante contro la sentenza del giudice di primo grado: gli elementi di fatto raccolti nel corso dell’istruttoria, infatti, hanno dimostrato “l’inequivoca e consapevole partecipazione dell’appellante ad un comportamento di incitazione, inneggiamento e induzione alla violenza, riconducibile al gruppo [di tifosi] e sfociato, in un graduale incremento della situazione di pericolosità per l’ordine pubblico, in un episodio certamente violento”.

Giulio Vesperini

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