Offerta di strumenti finanziari: quando è da considerarsi “fuori sede”?

Con la recente ordinanza del 6 dicembre 2022, n. 35787, la Corte di Cassazione si è pronunciata sui requisiti per qualificare un’offerta di strumenti finanziari come “fuori sede” ai sensi dell’art. 30 T.U.F., con conseguente applicabilità della tutela del diritto di recesso (esercitabile dall’investitore) e del risarcimento del danno a carico dell’intermediario.

Nella decisione della Suprema Corte viene rilevato come, affinché un’offerta si possa considerare “fuori sede”, si debba avere riguardo alla figura dell’intermediario abilitato e, in particolare, alla promozione e al collocamento svolti al di fuori della sede legale o delle dipendenze di detto soggetto, non essendo decisivo “che dette attività siano poste in essere nell’ufficio del promotore, occorrendo verificare se tale luogo si collochi all’interno della sede legale o sia parte di una dipendenza del soggetto abilitato”.

La Corte sottolinea perciò la distinzione tra le figure degli intermediari abilitati (SIM, banche, società di investimento e società di gestione del risparmio) e dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede (più comunemente denominati “promotori finanziari”), di cui i primi devono obbligatoriamente avvalersi per la prestazione del servizio di collocamento e promozione degli strumenti finanziari al di fuori della propria sede operativa.

In conformità al proprio precedente orientamento (Cass. n. 23569/2020), la Cassazione afferma, dunque, che, ai sensi dell’art. 30 del T.U.F. e del Regolamento Consob n. 16190/2007, per escludere l’applicabilità della disciplina relativa all’offerta fuori sede è necessario che i servizi di collocamento e promozione degli strumenti finanziari siano svolti nella sede legale dell’intermediario autorizzato, ovvero presso una dipendenza dello stesso, non potendosi giungere alla stessa conclusione ove essi siano effettuati in un luogo di pertinenza del promotore di cui l’intermediario si avvale.

Antonio Lubrano