La Legittimazione ad agire dell’AGCM.

Il Consiglio di Stato, con la recente sentenza della Sez. VI, n. 1760 del 21 febbraio 2022, si è pronunciato sulla natura eccezionale e sui limiti della legittimazione, attribuita all’AGCM dall’art. 21 bis della legge 287/1990, ad agire in giudizio nei confronti degli atti amministrativi, dei regolamenti e dei provvedimenti adottati da qualsivoglia amministrazione pubblica in violazione delle norme poste a tutela della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato.

Il ricorso proposto dall’AGCM ai sensi dell’art. 21 bis della menzionata legge non configura un’ipotesi di giurisdizione oggettiva, “ma delinea piuttosto un potere d’azione riconducibile alla giurisdizione a tutela di situazioni giuridiche qualificate e differenziate di matrice soggettiva”, identificate con il bene giuridico protetto e cioè la tutela della concorrenza e del mercato.

La sentenza chiarisce che il potere d’azione attribuito dall’art. 21 bis della legge 287/1990 si estrinseca in una prima fase a carattere consultivo e cioè nell’emissione di un parere nel quale sono indicati, all’amministrazione che ha adottato l’atto, gli specifici profili delle violazioni riscontrate e i rimedi per rimuoverle ed in una eventuale seconda fase consistente nella impugnativa in sede giurisdizionale degli atti lesivi delle norme a tutela della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato ove l’amministrazione pubblica non si conformi al parere nei sessanta giorni successivi alla comunicazione dello stesso.

La natura speciale della legittimazione ad agire attribuita all’AGCM implica che il vizio dedotto deve consistere esclusivamente nella violazione delle norme a tutela della concorrenza e del mercato da intendersi sia nel senso di violazione in senso stretto delle norme antitrust, sia di norme preordinate alla promozione della concorrenza e dunque alla liberalizzazione dei mercati.

Di conseguenza, ove i vizi prospettati non riguardino la violazione delle norme a tutela della concorrenza e del mercato, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione attiva dell’AGCM.

La sentenza, sulla base dei principi affermati, ha escluso la legittimazione dell’AGCM ad impugnare provvedimenti regionali che avevano subordinato il diritto a ricevere contributi a fondo perduto a ristoro dei danni causati dall’emergenza Covid-19 alla condizione che le strutture ricettive turistiche e gli esercizi commerciali destinatari avessero sede legale (e non solo la sede operativa) sul territorio regionale. Ad avviso del Consiglio di Stato, infatti, non è stato dimostrato che il predetto requisito fosse in grado di alterare la concorrenza, anche in ragione della modestia delle somme oggetto di finanziamento.  

Gianpaolo Ruggiero

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