Il pregiudizio dei congiunti è un danno diretto

Con l’ordinanza n. 7748 dell’8 aprile 2020, la Corte di Cassazione ha chiarito i presupposti per il riconoscimento del danno in favore dei prossimi congiunti, di colui che ha riportato delle gravi lesioni in conseguenza di un sinistro stradale.

Il provvedimento della Suprema Corte merita di essere segnalato, in quanto precisa che il diritto dei parenti al risarcimento del danno è iure proprio e non riflesso rispetto a quello del congiunto leso.

La fattispecie sottoposta all’esame della Suprema Corte riguardava il ricorso presentato dal terzo trasportato e dai suoi congiunti che, in seguito a un incidente stradale in occasione del quale il primo aveva subito gravi lesioni, avevano richiesto il risarcimento del danno morale e patrimoniale. In primo grado era stato riconosciuto un risarcimento per danno biologico al terzo trasportato e anche ai suoi parenti, come danno riflesso del primo.

La Corte d’Appello, a seguito di impugnazione della sentenza del Tribunale da parte della compagnia assicuratrice, ha negato il risarcimento ad entrambi, in quanto per i parenti ha reputato non provato il danno morale in assenza di quello biologico riconosciuto al soggetto leso. La Corte d’Appello, infatti, ha ritenuto non provato il danno da riduzione della capacità lavorativa da parte del terzo trasportato leso. Ha poi rigettato anche la domanda risarcitoria dei parenti, ritenendo il loro danno morale una conseguenza riflessa di quello biologico occorso al congiunto trasportato e, poiché a quest’ultimo era stato negato per assenza di prova, anche il diritto dei parenti ne veniva travolto.

Proprio su quest’ultimo profilo la Cassazione ha riformato la Corte d’Appello e ha chiarito che “Il danno dei congiunti è qui invocato iure proprio. Si parla spesso impropriamente di fanno riflesso, ossia di un danno subito per una lesione inferta non a sé stessi, ma ad altri. In realtà, il danno subito dai congiunti è diretto, non riflesso, ossia è la diretta conseguenza della lesione inferta al parente prossimo, la quale rileva dunque come fatto plurioffensivo, che ha vittime diverse, ma egualmente dirette. Ed anche impropriamente allora, se non per mera esigenza descrittiva, si parla di vittime secondarie”.

Questo danno, infatti, non può essere reputato come riflesso. Esso matura in capo a ciascun parente nel momento stesso in cui il congiunto subisce la lesione e acquista una sua autonomia, senza continuare a dipendere dal primo. Ciò significa che i parenti lesi possono rivendicarlo autonomamente, ciascuno in base al tipo di lesione sofferta.

Maria Grazia Rulli

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